Stalin 1950 linguaggio e marxismo

I nostri compagni commettono qui almeno due errori.

Il primo errore sta nel fatto che essi confondono la lingua con la sovrastruttura. Essi pensano che, avendo la sovrastruttura un carattere di classe, anche la lingua deve essere una lingua di classe e non una comune lingua nazionale. Ma ho già detto che la lingua e la sovrastruttura sono due nozioni differenti e che un marxista non può confonderle.

Il secondo errore sta nel fatto che essi considerano la contrapposizione di interessi della borghesia e del proletariato, la loro aspra lotta di classe, come una scissione della società, una rottura di qualsiasi legame tra le classi ostili. Essi credono che, essendosi scissa la società e non esistendo più una società unica ma solo delle classi, per questo non sia nemmeno necessaria una lingua unica della società, non sia necessaria una lingua nazionale. Se la società si è scissa, e non esiste più una lingua nazionale, cosa rimane? Rimangono le classi e le “lingue di classe”. Naturalmente, ogni “lingua di classe” avrà la sua grammatica “di classe”, una grammatica “proletaria”, una grammatica “borghese”. E’ vero che queste grammatiche di fatto non esistono, ma ciò non turba questi compagni: essi credono che simili grammatiche finiranno per apparire.

Vi furono un tempo dei “marxisti”, nel nostro Paese, i quali asserivano che le ferrovie rimasteci dopo la Rivoluzione d’Ottobre erano ferrovie borghesi, che sarebbe stato sconveniente per noi marxisti utilizzarle, che avrebbero dovuto essere divelte e che occorreva costruire delle ferrovie nuove, “proletarie”. Per questo essi furono soprannominati “trogloditi”…

E’ evidente che una tale visione primitiva e anarchica della società, delle classi, della lingua, non ha nulla in comune con il marxismo. Ma essa indubbiamente esiste e continua a prevalere nelle menti di taluni nostri compagni confusionari.

Naturalmente non è vero che, essendoci una aspra lotta di classe, la società si sia scissa in classi, le quali non siano più economicamente legate l’una all’altra nella società. Al contrario. Fino a che esisterà il capitalismo, i borghesi e i proletari saranno legati assieme da tutti i fili dell’economia, come parti di una unica società capitalistica. Il borghese non può vivere e arricchirsi se non ha a sua disposizione gli operai salariati; i proletari non possono continuare la loro esistenza, se non si assoggettano al salario dei capitalisti. La fine di qualsiasi legame economico tra di loro significherebbe la fine di qualsiasi produzione, e la fine di qualsiasi produzione porterebbe alla rovina della società, alla rovina delle classi stesse. Naturalmente nessuna classe vuole distruggere se stessa. Per questo, per quanto aspra possa essere la lotta di classe, essa non può portare alla scissione della società. Solo la ignoranza del marxismo e una totale incomprensione della natura della lingua possono aver suggerito ad alcuni nostri compagni la favola della scissione della società, delle lingue “di classe” e delle grammatiche “di classe”.

Si fa pure riferimento a Lenin e si ricorda che egli aveva riconosciuto l’esistenza di due culture sotto il capitalismo, l’una borghese e l’altra proletaria, e che la parola d’ordine della cultura nazionale sotto il capitalismo è una parola d’ordine nazionalista. Tutto questo è vero e Lenin ha assolutamente ragione. Ma che c’entra il “carattere di classe” della lingua? Quando questi compagni si riferiscono a ciò che Lenin disse sulle due culture sotto il capitalismo, è evidente che vogliono suggerire al lettore che l’esistenza di due culture, borghese e proletaria, in una società, significhi che vi debbano essere anche due lingue, in quanto la lingua sarebbe legata alla cultura; che Lenin neghi quindi l’esistenza di una comune lingua nazionale; che Lenin sia per la lingua “di classe”. L’errore di questi compagni sta nel fatto che essi identificano e confondono la lingua con la cultura. Ma la cultura e la lingua sono due cose diverse. La cultura può essere borghese o socialista, mentre la lingua, come mezzo di comunicazione, è sempre una comune lingua nazionale e può servire sia la cultura borghese che quella socialista. Non è un fatto che le lingue russa, ucraina, uzbeka, oggi servono la cultura socialista di queste nazioni, proprio come servivano le loro culture borghesi prima della Rivoluzione d’Ottobre? Questo vuol dire che si sbagliano profondamente questi compagni, affermando che l’esistenza di due differenti culture porti alla formazione di due lingue diverse e alla negazione della necessità di una lingua unica.

Quando parlava di due culture, Lenin partiva precisamente dal principio che l’esistenza di due culture non può portare alla negazione di una lingua comune e alla formazione di due lingue, che la lingua deve essere una sola. Quando gli esponenti del Bund accusarono Lenin di negare la necessità di una lingua nazionale e di considerare la cultura come “non nazionale”, Lenin, come è noto, protestò risolutamente e dichiarò che egli combatteva contro la cultura borghese e non contro la lingua nazionale, la cui necessità egli considerava indiscutibile. E’ strano che alcuni dei nostri compagni abbiano seguito le orme degli esponenti del Bund.

404-25

2 pensieri su “Stalin 1950 linguaggio e marxismo

  1. Stalinisti siete finiti nella pattumiera e le scemenze di Josif non vi faranno risorgere.
    PS: almeno leggetevi Engels analfabeti politici

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