Il metodo anarchico di Edgar Morin

Da il pensiero acentrico

La nozione di gerarchia è polarizzata in due significati diversi a seconda che siano di ispirazione sistemica oppure etologica. Il significato sistemico considera la gerarchia anzitutto in termini di livelli/gradi di integrazione. Il significato etologico considera la gerarchia anzitutto in termini di dominio/subordinazione. Tenteremo di evitare due semplificazioni:
a) non ridurre la gerarchia a un puro e semplice fenomeno di dominio/autorità;
b) non ridurre la gerarchia a un puro e semplice fenomeno di integrazione a livelli multipli.
Quello che voglio dimostrare è che l’idea di gerarchia, per tutto ciò che riguarda l’organizzazione vivente, comporta entrambi i caratteri – da una parte il dominio, dall’altra l’integrazione/inglobamento – e che le organizzazioni viventi oscillano variamente fra queste due polarizzazioni. Così, la gerarchia che si stabilisce fra individui nelle società di uccelli o di mammiferi è un rapporto di dominio/subordinazione che risulta da competizione/concorrenza/antagonismo per il cibo, il sesso, il territorio, il potere stesso. La gerarchia appare qui puramente e semplicemente come un «ordine di dominio». La gerarchia che si istituisce in bio-classi – maschi adulti/donne/giovani – è parimenti una gerarchia di dominio.
La semplice autorità verticale (dominio/subordinazione) fornisce un concetto molto povero di gerarchia, soprattutto quando concerne l’autorità di individui dominanti su altri individui dominati. Tuttavia, questa gerarchia di dominio, diventando uno degli elementi che costituiscono l’ordine sociale, gioca un ruolo di integrazione disponendo gli individui in questo ordine, così come conferisce ai dominanti (individui o gruppi) la responsabilità di proteggere, guidare e nutrire il gruppo nel suo insieme.
Alla gerarchia fondata principalmente sul dominio (mammiferi, uccelli) si oppone una gerarchia fondata essenzialmente sull’integrazione, come nelle società di insetti. La gerarchia dei termitai, degli alveari, dei formicai è di natura non piramidale: si tratta di una gerarchia per differenziazione di ruoli e funzioni secondo un sistema di caste, dove il dominio però non dispone in modo verticale i vari livelli, bensì ingloba le parti. Così, di nuovo, vediamo che la nozione di gerarchia non può essere ridotta a un semplice schema per livelli, né a un semplice schema dominio/subordinazione. Non è una nozione univoca. L’idea di gerarchia non può dunque essere recepita come già data, ma deve essere esplorata.

L’integrazione

L’idea sistemica di gerarchia si definisce in termini di inglobamento/stratificazione/integrazione. La gerarchia presuppone almeno due livelli di unità, quello delle parti e quello del tutto. Ma la gerarchia può comportare molteplici livelli di organizzazione allo stesso tempo, stratificanti e inglobanti: così per un organismo vivente le molecole sono integrate/inglobate nei piccoli organi, che sono integrati/inglobati nelle cellule, le quali sono integrate/inglobate in tessuti o organi, che sono integrati/inglobati nell’organismo. In questo sistema di gradini/incastri, i livelli più alti, presi come sono dal perseguire i fini del tutto, dispongono di un controllo minimo sulle attività dei livelli inferiori.
Nel senso in cui integra organizzazioni di scale differenti, l’idea di gerarchia rinvia all’integrone di François Jacob: ogni unità «formatasi per integrazione di unità subordinate, può essere indicata con il termine generale di integrone. Ogni integrone è formato da integroni di livello inferiore e partecipa alla costruzione di un integrone di livello superiore». Si ritrova la stessa idea nella nozione di org proposta da R. W. Gerard e nella nozione di holon proposta da Arthur Koestler. Così la gerarchia è costitutiva delle organizzazioni a livelli multipli di integrazione che permettono di edificare un’architettura della complessità. Questa costruzione per livelli di integrazione si ritrova nelle società storiche, dalla nazione alla provincia, dalla provincia al comune, dal comune ai focolari. Essa costituisce l’organizzazione a doppia articolazione del linguaggio, e l’organizzazione del pensiero stesso si opera per integrazioni/incastri.
Questa architettura integrativa permette, a ciascun livello, la costituzione di un gradino stabile che, proprio per questo, diventa la base per la costituzione di un livello superiore, il quale a sua volta diventa la base per un nuovo successivo livello. Non basta concepire l’integrazione gerarchica in termini di sistemi/sottosistemi/sotto-sottosistemi e così via. Le integrazioni gerarchiche, al di là del livello cellulare, sono costituite non soltanto a partire da sottosistemi, ma a partire da e con esseri viventi. Le organizzazioni gerarchiche che si sviluppano negli organismi pluricellulari, nelle società, negli ecosistemi, sono organizzazioni i cui oggetti integrati sono di fatto individui-soggetti.
A partire da qui possiamo cominciare a concepire l’ambiguità e la complessità della nozione di gerarchia. In un senso, la gerarchia è un aspetto indissociabile dell’integrazione a livelli multipli e, come vedremo, permette la produzione di emergenze sempre più ricche da livello a livello. In un altro senso, essa è non solo una struttura di asservimento di sottosistemi, ma una struttura di assoggettamento di esseri-soggetti viventi integrati. Da una parte le emergenze, dall’altra le inibizioni e le repressioni. Da una parte lo sviluppo della complessità, dall’altra lo sviluppo del dominio e dell’assoggettamento.

L’architettura delle emergenze

La gerarchia è dunque al contempo architettura di assoggettamento e architettura di emergenze. Può essere considerata come movimento ascendente verso qualità sempre più ricche, fra cui la libertà, e come una costrizione sempre più pesante che scende dall’alto verso il basso.
Nel significato ascendente/architettonico, le qualità globali emergenti dalle organizzazioni poste in «basso» diventano le qualità elementari di base per l’edificazione delle unità complesse di livello superiore, le quali produrranno nuove emergenze che a loro volta diventeranno «elementi» per un nuovo livello superiore, e così via. In tal modo, le proprietà globali dell’atomo diventano elementi di base per la molecola; le proprietà emergenti della molecola diventano proprietà elementari in seno alla cellula. Qui si ritrova l’idea koestleriana dell’holon, che è un tutto in rapporto ai suoi elementi e che diventa parte di un holon più ampio. Ma per capire veramente l’architettura della complessità bisogna aggiungere l’idea capitale di emergenza, che sola permette di concepire i salti qualitativi da un livello all’altro.
In questo senso, la gerarchia diventa inscindibile da una produzione e da una promozione diffuse a ogni gradino dell’organizzazione come a livello del tutto, da qualità e da emergenze che permettono metastrutture e metaorganizzazioni. L’organizzazione gerarchizzata non è soltanto la subordinazione del basso rispetto all’alto, del non specializzato rispetto allo specializzato, dell’esecuzione rispetto all’ordine, ma è anche uno sviluppo e un’espansione di emergenze dal basso verso l’alto, di livello in livello. Essa significa sfruttamento, non soltanto nel senso alienante del termine, ma anche nel suo senso produttivo. Non è soltanto la piramide che schiaccia, ma è anche l’albero che si innalza. Non è solo l’assoggettamento degli esseri, ma è anche la produzione di esseri e di soggettività sempre più ricche, come si può ben vedere negli organismi pluricellulari.

L’assoggettamento gerarchico

L’idea integrativa/inglobante della gerarchia comporta quanto meno il controllo dell’inglobante sull’inglobato, se non altro il controllo del tutto, in quanto tutto, sulle parti e, in una gerarchia a molteplici livelli, il controllo scalare del livello superiore su quello immediatamente inferiore. In tal senso la gerarchia costituisce una struttura di dominio/subordinazione. Il che si aggrava quando il vertice della gerarchia costituisce un centro di comando che dispone di competenze generali e del potere decisionale per l’insieme, e quando alla base non c’è che il lavoro specializzato di esecuzione. In questo contesto, i termini superiore e inferiore hanno non soltanto un significato topologico, ma anche un senso di dominio e di subordinazione.
Effettivamente, una struttura di dominio/subordinazione è l’altra faccia dell’architettura delle emergenze che caratterizza l’organizzazione degli organismi e delle società. In questo senso, la gerarchia costituisce una struttura di assoggettamento in cui gli esseri cellulari sono assoggettati agli individui pluricellulari, i quali sono a loro volta assoggettati alle società di cui fanno parte. Gli esseri assoggettati rimangono soggetti, ma operano nell’ignoranza (e per gli umani nell’inconsapevolezza) per perseguire i fini dei soggetti che li assoggettano. Da questo punto di vista, anche là dove c’è un’architettura delle emergenze l’organizzazione gerarchica porta in sé una certa alienazione dell’assoggettato (che opera per altri operando per sé) e un virtuale asservimento e sfruttamento. È in effetti a partire dal controllo e dal dominio – del basso da parte dell’alto, della parte a opera del tutto, del micro da parte del macro, degli esecutori specializzati a opera dei decisori non specializzati, della manovalanza da parte della competenza, degli informati da parte degli informatori – che si stabiliscono le relazioni intra-organizzative. E, di fatto, le forme globali «alte» (dell’organismo, della società) si mantengono e perdurano nel e per mezzo del turnover delle forme «basse», vale a dire vivono grazie alle morti/rinascite ininterrotte degli individui cellulari, vero flusso rigeneratore che mantiene la permanenza, la stabilità, la sopravvivenza dell’individuo assoggettatore.
La gerarchia integrativa presenta due facce opposte, due significati che sono al contempo antagonisti, concorrenti e complementari. D’altronde, la gerarchia costituisce un concetto ambiguo e ambivalente che oscilla fra due polarizzazioni. Ed è in questa ambiguità, in questa ambivalenza, che si situa la problematica davvero originale dell’organizzazione vivente. Sia ben chiaro che questa problematica fondamentale si pone in termini del tutto diversi nell’organizzazione della cellula (che comporta soltanto molecole e non esseri-soggetto), nell’organizzazione dell’organismo, nell’organizzazione delle società di insetti, nell’organizzazione delle società di mammiferi, e infine nell’organizzazione delle nostre società umane.

L’anello gerarchico

Nel fenomeno gerarchico ci sono due movimenti di senso opposto: uno dal basso verso l’alto (produzione di emergenze) e uno dall’alto verso il basso (controllo). Dobbiamo considerare i due movimenti come i due momenti di uno stesso anello: la produzione di emergenze è un aspetto del movimento autoproduttore attraverso il quale il tutto si costituisce e si ricostituisce senza tregua a partire dalle interazioni di base; il movimento discendente del controllo gerarchico è un aspetto della retroazione del tutto sulle interazioni di base che producono la sua esistenza e delle quali il tutto assicura l’esistenza.
L’autoproduzione permanente di cellule costitutive dell’organismo e detentrici del suo patrimonio genetico costituisce l’autoproduzione permanente di questo organismo. In tal senso, le forme superiori di vita sono totalmente dipendenti dalle forme inferiori e devono necessariamente mantenere queste forme inferiori per sopravvivere.
E così, pur essendoci sfruttamento del basso da parte dell’alto, del micro da parte del macro, pur essendoci antagonismo fra i due ordini di soggettività, quello della cellula e quello dell’individuo pluricellulare, c’è al contempo una doppia dipendenza esistenziale, una doppia autonomizzazione reciproca fra il micro-soggetto del basso e il macro-soggetto dell’alto; e c’è una coincidenza profonda fra i due voler-essere, i due voler-vivere. La gerarchia non fa che apportare differenze di livello, provocando crepe insondabili nell’unità del tutto, e in tal modo contribuisce, a modo suo, ad assicurare l’unità dell’Uno-Tutto. Nel nostro organismo, la testa è un’entità gerarchica che domina distintamente il resto del corpo che da essa dipende, con il quale però concorre a comporre l’unità, la totalità e l’identità dell’organismo.
La gerarchia sviluppa in seno all’organizzazione vivente i due caratteri sistemici fondamentali: da un lato, la costrizione del tutto che inibisce le qualità proprie delle parti; dall’altro, la formazione e la stabilizzazione delle emergenze, che compaiono non solo a livello del tutto, ma anche a livello delle parti sottomesse.

L’insufficienza gerarchica

L’organizzazione ricorsiva relativizza la nozione di gerarchia, poiché la gerarchia dipende, nella sua stessa esistenza, da ciò che da essa dipende. Ora bisogna spingersi ancora più in là e riconoscere che in qualsiasi organizzazione vivente l’organizzazione gerarchica ha bisogno di organizzazione non gerarchica. In effetti, l’assoggettamento, l’asservimento, lo sfruttamento tendono a perpetuare un’organizzazione rigida e povera attraverso l’inibizione delle qualità, la perdita di autonomia degli esseri subordinati e specializzati, la sottoutilizzazione delle capacità, la quasi meccanizzazione delle operazioni. La gerarchia diventa operativamente ricca (complessa) soltanto se c’è elasticità e gioco fra i livelli, autonomia degli assoggettati, possibilità di decisione alla base. Di fatto, gli organismi, le società, gli ecosistemi non possono autoprodursi e riprodursi che a partire da interazioni di base relativamente autonome fra gli individui-soggetti che le costituiscono. Andando un po’ più a fondo, questi organismi, società, ecosistemi esigono la presenza di gerarchie concorrenti o, ancora meglio, di forme antagoniste alla stessa gerarchia. Insomma, bisogna che nell’organizzazione gerarchica ci sia una componente anarchica.

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