Gianfranco Canali – Resistenza umbra

La complessiva azione partigiana è però costretta a misurarsi con la situazione, difficile e pericolosa, determinata da un’ulteriore svolta draconiana impressa alla repressione della guerriglia dal feldmaresciallo Kesselring con il famigerato ordine del 17 giugno 1944, una vera e propria legittimazione di ogni forma di arbitrio commesso dai comandanti dei reparti nella conduzione della «lotta alle bande». Infatti i durissimi effetti dì questa svolta non tardano a manifestarsi nel territorio umbro occupato. Misure di repressione terroristiche sono sempre più indirizzate, in maniera indiscriminata, contro la popolazione civile. Il lento percorso di ripiegamento delle truppe tedesche attraverso l’Umbria settentrionale è contrappuntato da episodi cruenti di rappresaglia. I primi sono tra i peggiori. A Gubbio, il 20 giugno, alcuni gappisti uccidono un ufficiale medico e ne feriscono un secondo. Due giorni dopo scatta la «misura di ritorsione»: vengono fucilati quaranta civili inermi, tra i quali due donne. A Serra Partucci, il 24, per rappresaglia contro il ferimento di un soldato tedesco sono passati per le armi cinque civili. Il 27, nei pressi di Petrelle, per «vendicare» due soldati tedeschi viene fatta saltare una casa nella quale sono stati rinchiusi dieci uomini del posto. Nella notte tra il 27 e il 28 giugno, a Penetola, per sospetta connivenza con i partigiani, i componenti di tre nuclei familiari sono rinchiusi in una casa, che poi viene data alle fiamme. A quanti tentano di uscire si riserva una raffica di mitra. Il bilancio di questa spietata esecuzione è di dodici morti, tra essi vi sono donne e bambini.

Si chiude cosi – con questa scia di sangue che avrà una drammatica continuazione per tutta l’estate nell’Appennino tosco-emiliano – il periodo dell’occupazione tedesca nella regione. I diversi conteggi effettuati per dare una misura numerica delle forze impegnate nella resistenza in Umbria sembrano convergere approssimativamente in una cifra di oltre 43 00 unità per quanto riguarda i partigiani e di circa 2000 unità per quanto riguarda i patrioti, facendo così ammontare il numero totale dei «mobilitati» a una cifra superiore alle 6300 unità.
Merita, infine, di essere menzionata la scelta ulteriore compiuta da alcune centinaia di partigiani umbri, e cioè quella di continuare a combattere tedeschi e fascisti arruolandosi volontari, tra la fine del ’44 e i primi mesi del ’45, nei gruppi di combattimento del ricostituito esercito italiano, in particolare nel Cremona. Questi partigiani, provenienti per lo più dalle città dove più forte era stato il movimento resistenziale (Perugia, Terni, Foligno, Città di Castello, Spello, Umbertide), portano nella nuova esperienza militare gli ideali di libertà e di antiautoritarismo che erano stati alla base della loro precedente scelta. La guerra di liberazione nei reparti regolari dell’esercito viene da essi vissuta come un vero e proprio prolungamento della lotta partigiana.

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